La labiopalatoschisi, comunemente conosciuta come “labbro leporino” è senza dubbio una delle malformazioni che più affliggono l’umanità. Normalmente colpisce un bambino su 700-800 nati, ma in alcune zone del mondo può raggiungere una percentuale più alta: vale a dire un bambino ogni 200 nascite, come accade appunto in Indocina.
Questa percentuale che all’apparenza può sembrare bassa, in realtà coinvolge un numero enorme di persone, basta pensare che in un paese come l’Italia è presente una popolazione di circa 70.000-80.000 persone affetta da labiopalatoschisi.
Che cos’è esattamente questa malformazione nota come “labro leporino” e che cosa la causa? Le cause che determinano una labioschisi o una palatoschisi sono sconosciute, si è appurato che questa malformazione della faccia si consolida intorno alla terza settimana di gestazione, periodo in cui di solito neanche la futura mamma è al corrente della gravidanza.
La lesione si manifesta poiché viene a mancare quel “ponte di tessuto” embrionale che permette l’unione sulla linea centrale dei due emivolti in via di formazione.
Da ciò scaturisce che gli embrioni delle labbra non potendosi unire l’uno con l’altro, devono arrestare il loro avanzamento dove termina il tessuto che ne permette lo scorrimento e quindi ai lati della bocca o del palato.
Per questo motivo gli elementi anatomici che costituiscono le labbra ed il palato sono integri, anche se relegati ai lati della bocca.
E’ appunto l’operato del chirurgo che ne permette l’avvicinamento, ripristinando la continuità anatomica nonché la funzionalità della parte lesa.
Questa malformazione si presenta nelle forme più svariate, nel senso che può essere completa, interessando tutte le strutture (quindi il labbro, la gengiva ed il palato) oppure incompleta, interessando quindi una sola delle strutture sopra menzionate e talora solo in parte.
Può inoltre essere monolaterale, cioè relegata ad un solo lato, o bilaterale con interessamento quindi di entrambi i lati (inutile far notare che quest’ultima forma è più grave e di più difficile gestione).
La labioschisi, ovviamente se non è trattata precocemente, non fa altro che peggiorare e cioè aumentare l’ampiezza della schisi e nelle forme bilaterali può anche provocare un abnorme accrescimento della premaxilla.
Quindi prima s’interviene, più semplice è la chiusura della schisi e migliore è il risultato estetico.
Esistono numerose tecniche per la chiusura di tali elementi, anche se ultimamente per quanto compete al labbro è stata adottata praticamente ovunque la tecnica di Millard.
Anche i tempi (cioè la maggiore o la minore precocità dell’intervento) possono variare molto secondo le Scuole.
Da un’analisi accurata dei risultati ottenuti, si è arrivati alla conclusione che (compatibilmente con i problemi anestesiologici, non indifferenti per bambini così piccoli), il tempo ottimale per una labioplastica è intorno ad un mese di vita e quello per una palatoplastica intorno ai tre mesi. L’intervento di labioplastica, secondo Millard, eseguito ad un mese d’età è senza dubbio quello che dà i migliori risultati anche se passibili d’ulteriori ritocchi.
Soltanto in caso di schisi molto aperta si deve procedere prima all’unione delle due parti staccate mediante una “lip adhesion”, per procedere poi in un secondo tempo all’intervento vero e proprio.
In presenza di una labioschisi bilaterale l’intervento deve essere eseguito contemporaneamente sui due lati interessati, ma comprende un tempo in più, che avviene alcuni mesi dopo per permettere l’allungamento della columella (per ottenere cioè un naso che non sia troppo schiacciato in punta).
In entrambi i casi, è di fondamentale importanza l’unione del muscolo orbicolare per evitare che il neo labbro si presenti poco mobile, con dei rigonfiamenti laterali molto antiestetici (essi rappresentano una delle stigmati delle labioschisi specialmente nell’atto di fischiare).
Purtroppo questa malformazione non si limita a colpire la regione del labbro, ma estende la sua influenza anche alle cartilagini dell’ala nasale, impedendo loro un normale sviluppo.